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Legittimati a ricorrere al Giudice Tutelare, cioè le persone che possono richiedere al giudice l’eventuale apertura di un procedimento di amministrazione di sostegno, sono:

Il potenziale beneficiario stesso

Infatti chi ritiene di essere in difficoltà nella gestione della propria vita, per malattie che sono causa di una ridotta autonomia, o perché con l’età sopraggiungono impedimenti a compiere alcuni atti, con il rischio di gravi pregiudizi o di esposizione a raggiri (si pensi all’anziano solo che si vede impedito fisicamente ad uscire ed andare in banca o a seguire rapporti di locazione di sue proprietà e che necessiti dunque di un sostegno nel compiere alcuni atti di gestione ordinaria con l’ausilio di un terzo, sotto la vigilanza del Giudice, garante  della corretta gestione), può ricorrere al Giudice Tutelare.

Può ricorrere il possibile beneficiario anche se minore, interdetto o inabilitato. Il minore potrà ricorrere in prossimità del raggiungimento della maggiore età ( tra il 17° e 18° anno di età).

Il coniuge

La persona stabilmente convivente

La legge non fornisce indicazioni precise al riguardo. Sarebbe forse preferibile una lettura estensiva del concetto e, pertanto potrebbero ritenersi legittimati, ad esempio, amici-conviventi o soggetti comunque stabilmente conviventi, il cui rapporto non necessariamente debba assimilarsi nella sostanza al rapporto coniugale.

I parenti entro il quarto grado

Genitori, figli, nonni, bisnonni, zii, cugini, nipoti, in linea retta e collaterale e gli affini entro il secondo.

Il tutore

Il curatore

Il pubblico ministero

I responsabili dei servizi sanitari

I responsabili dei servizi sociali

I responsabili dei servizi sanitari e sociali, direttamente impegnati nella cura e nell’assistenza della persona, sono due nuove categorie di soggetti legittimati introdotti dalla nuova norma.

Questi devono ricorrere, tutte le volte che sono a conoscenza “di fatti tali” da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno.

La legge prevede per gli stessi, anche la possibilità di inoltrare la segnalazione al Pubblico Ministero territorialmente competente, invece di ricorrere direttamente al Giudice Tutelare.

La legge non indica un criterio in forza del quale i responsabili dei servizi sanitari e sociali, direttamente impegnati nella cura ed assistenza delle persone, debbano ricorrere al Giudice Tutelare o segnalare la situazione al Pubblico Ministero. E’ possibile configurare che si possa ricorrere al Giudice Tutelare, e non limitarsi a segnalare, tutte le volte che la conoscenza del caso è tale da consentire la redazione di un ricorso completo, dove si offrano tutti quegli elementi di cui agli articoli 407 e 408 del codice civile.

I responsabili dei servizi sanitari e sociali, al pari degli altri legittimati, dovranno comunque indicare, per opportuna completezza del ricorso, al Giudice Tutelare, tutto quanto a loro conoscenza:

Condizioni di vita abituale del soggetto e sua abituale collocazione

Con descrizione degli ambienti, anche con riferimento alla sicurezza degli stessi rispetto ai bisogni essenziali dell’assistito.

Abitudini del soggetto

Richieste ed aspettative espresse dal soggetto

Notizie e dati relativi alla situazione patrimoniale e personale, se conosciuti

Condizioni di salute e bisogni di cure

Possibilmente con idonea e completa documentazione medica.

E’ opportuno sottolineare la necessità di una reale integrazione dell’intervento dei servizi socio-sanitari sul territorio quale condizione essenziale per rendere operativa e tempestiva l’amministrazione di sostegno. L’integrazione dei servizi è essenziale per realizzare programmi di intervento in cui la centralità della Persona sia rispettata. Si osserva che la documentazione medica non è richiesta dalla legge, ma è dato imprescindibile per il Giudice Tutelare affinché possa provvedere con rigore e completezza. In ordine alla documentazione medica si suggerisce di far risultare dalla stessa, non la sola certificazione della patologia, ma l’individuazione delle autonomie e competenze del soggetto che discendono da quel determinato quadro clinico.

Quale sia stato il programma di intervento già attuato a favore del soggetto per cui è proposto il ricorso

Quali autonomie il soggetto esprime

Quali abilità sono compromesse, e quali autonomie possono essere recuperate, così indicando per quali atti l’amministrazione di sostegno dovrebbe operare.

Quali possano essere i progetti di sostegno

Sulla base di interventi già in corso, attivati o di possibile attivazione, indicando i costi eventuali e le risorse personali e sociali disponibili.

Quale sia la dimensione relazionale di cui il soggetto dispone

La legge non chiarisce l’esatto significato dell’inciso “fatti tali da rendere opportuna l’apertura di un procedimento”, presupposto del dovere di attivazione in capo ai responsabili dei servizi sanitari e sociali.

Possono identificarsi alcune ipotesi concrete, puramente indicative:

L’anziano solo

che tende a non curarsi né ad occuparsi dell’ambiente in cui vive, sganciandosi da una normale vita di relazione e da regole igieniche di base, con tendenza a nutrirsi in modo poco appropriato rispetto ai bisogni dettati dall’età. L’anziano risulta  facile preda di raggiri posti in essere da alcune persone, subisce un precoce e veloce deterioramento emozionale, psichico ed organico e necessita di un concreto aiuto con un preciso progetto di intervento non solo a valenza sociale.

La persona che, per effetto di tetraplegia, è totalmente dipendente da terzi

nei casi in cui appaia che costoro approfittino di tale condizione, gestendo risorse finanziarie, anche derivanti da risarcimento di danni, senza controllo alcuno.

La persona che, per effetto di malattie degenerative del sistema nervoso centrale

vede progressivamente perdere autonomie funzionali e capacità di gestire direttamente attività complesse e rapporti in atto di natura commerciale o a valenza giuridica. Si pensi all’artigiano, al commerciante o al piccolo imprenditore ed alle loro attività articolate e dinamiche che non possono subire interruzioni a pena di grave pregiudizio.

Il disabile fisico grave che vede compromesse totalmente le proprie abilità motorie

pur avendo una buona capacità di comprensione nel compiere alcuni atti sia di ordinaria amministrazione che di straordinaria amministrazione, che abbia perso il riferimento familiare fondamentale che lo ha sino ad allora aiutato.

La persona ricoverata in ospedale che manifesti disorientamento

e sia colpito da crisi depressive trascurando i propri affari e non intrattenendo rapporti utili con parenti, così da vedersi esposto a danni patrimoniali gravi.

Il malato psichiatrico

seguito da anni dal servizio di salute mentale che non voglia porre in essere atti giuridici a sé vantaggiosi a causa della malattia (ad esempio non vuole accettare una eredità perché, a causa della sua malattia, non ritiene di essere il figlio della persona deceduta).

Il malato psichiatrico che ponga sistematicamente in essere atti a sé pregiudizievoli

dilapidando il suo patrimonio e ponendo a serio rischio l’equilibrio del nucleo familiare ove vive (come nel caso del malato affetto da gioco d’azzardo compulsivo che sperpera le proprie sostanze e costringe i familiari a ripianare debiti di gioco).

La casistica potrebbe essere pressoché infinita, ma è nel caso specifico indicativa del possibile contenuto concreto dell’inciso “fatti tali da rendere opportuna l’apertura di un procedimento”, presupposto del dovere di attivazione in capo ai responsabili dei servizi sanitari e sociali.

 

E’ opportuno individuare chi siano i responsabili dei servizi socio-sanitari.

Bisogna fare una prima distinzione tra servizi sociali e servizi sanitari.

Quanto ai servizi sociali è ancora necessario distinguere tra Comuni consorziati e Comuni non consorziati.

Con riferimento ai Consorzi è possibile configurare il Direttore, quale soggetto responsabile data la sua funzione operativa. Sarà comunque opportuno verificare nell’ambito dello statuto, che regola l’attività consortile, quali siano le funzioni del Presidente e quelle del Direttore per essere certi di poter individuare chi può ricorrere in nome e per conto dell’Ente. Il Presidente potrebbe essere autorizzato dal consiglio,  a conferire specifici poteri al Direttore quale organo più direttamente impegnato nello svolgimento dell’attività assistenziale. Bisognerà dunque accertare i poteri del Direttore del Consorzio individuando se, fra quelli previsti, vi sia anche quello di ricorrere all’autorità giudiziaria per l’apertura dell’amministrazione di sostegno.

In altri termini chi ricorre per il Consorzio deve documentare la capacità di rappresentare l’Ente nel caso specifico dell’amministrazione di sostegno. Capacità che discende dalle regole statutarie o da apposita delibera che contiene delega. E’ opportuno osservare, comunque, che la legge usa l’espressione “responsabile” per rimarcare la funzione di chi opera in modo diretto nell’attività assistenziale e tale soggetto potrebbe anche non essere il legale rappresentante dell’Ente.

I Comuni non consorziati svolgono le funzioni proprie dei servizi sociali attraverso uno specifico Assessorato che dovrebbe coordinare l’attività dei servizi sul territorio. L’Assessore pro-tempore competente per l’assistenza è il primo responsabile del servizio, ma normalmente esiste un apparato strutturato attraverso deleghe che riconosce a singoli soggetti specifici poteri-doveri. E’ quindi possibile richiamare quanto esposto per i Consorzi.

Quanto ai servizi sanitari è necessario distinguere le diverse situazioni.

Il dirigente o primario del reparto, in ambito ospedaliero, per motivi di opportunità, dovrebbe sottoporre la segnalazione, il ricorso o la richiesta di provvedimenti urgenti alla Direzione Sanitaria per il vaglio e l’inoltro alla Procura della Repubblica o al Giudice Tutelare.

E’opportuno ricordare che l’Autorità Giudiziaria non può sostituirsi all’attività che compete al sanitario, né può snaturare l’obbligo e i doveri del medico. Questi è tenuto ad intervenire in casi di urgenza, annoverabili in particolare nello stato di necessità, ed anche in conformità alle prescrizioni previste dal codice deontologico medico vigente.

 

Quanto ai centri di salute mentale collocati sul territorio che hanno in carico pazienti psichiatrici è il responsabile del singolo centro il soggetto che dovrebbe attivarsi direttamente, nel proporre ricorso o inoltrare segnalazione al Pubblico Ministero.

Esiste da ultimo un medico che, seppur non incardinato in ambito ospedaliero o all’interno dei servizi di salute mentale, riveste un ruolo particolarmente importante. Si tratta del medico di medicina generale (cioè il cosiddetto medico di base o medico di famiglia).

La legge non indica alcun specifico dovere in capo a questo soggetto, tuttavia questo medico entrando in rapporto con i pazienti sul territorio può venire a conoscenza di situazioni di serio pregiudizio. Sarebbe particolarmente opportuno che il medico in questi casi segnalasse almeno il problema o ai servizi sociali o ai servizi sanitari affinché gli stessi si attivino, senza escludere, in linea teorica, una diretta segnalazione al Pubblico Ministero.

Si può ancora aggiungere che chiunque venga a conoscenza  di situazioni di grave pregiudizio ai danni di persone fragili, non necessariamente da interdire, possa segnalare la situazione ai servizi che operano sul territorio, o addirittura se in possesso di dati sufficienti, alla Procura della Repubblica.

 

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