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Relativamente a tali due capitoli riporto relazione diretta alla Direzione Generale Ospedale Cottolengo in tema di atti urgenti per la cura della persona con attenzione ai soggetti incapaci:

    PICCOLA CASA DELLA DIVINA PROVVIDENZA – COTTOLENGO

OGGETTO: AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO ed INTERDIZIONE CON RIFERIMENTO AGLI OSPITI DELLA “PICCOLA CASA DELLA DIVINA PROVVIDENZA COTTOLENGO”, atti urgenti per la cura (aspetto sanitario) della persona.

 

La “Piccola Casa”, istituzionalmente e per  vocazione, si è da sempre occupata della cura  e del sostentamento di soggetti affetti da gravi patologie e menomazioni fisiche e psichiche ed anche socialmente disagiati.  La mutata realtà storico-sociale impone all’Ente di configurare il procedimento di interdizione o di amministrazione di sostegno nell’interesse di tutti gli ospiti della struttura, alla luce delle considerazioni oggetto della presente elaborazione.

La Piccola Casa fino a ieri ha utilizzato, per l’inoltro alla Procura della Repubblica, il seguente protocollo, finalizzato al procedimento d’interdizione:

– Individuazione del soggetto;

– Valutazione congiunta dell’assistente sociale, del responsabile medico e del responsabile della struttura;

– Relazione clinica attestante le caratteristiche del soggetto;

– copia del verbale di invalidità ove la commissione di medicina legale abbia già diagnosticato il deficit intellettivo o il deterioramento psichico;

– Relazione sociale riferita alla situazione personale, familiare, socioeducativa, economico e contributiva dell’ospite;

– Informazione, sensibilizzazione e cointeressamento dei familiari;

– Eventuale individuazione di un possibile tutore all’interno del nucleo familiare;

– Indicazione dell’Ente, in persona del direttore pro-tempore della casa di assistenza-succursale dove è accolto l’ospite, quale possibile tutore, in assenza di parenti, in presenza di conflitti familiari o di indisponibilità dei familiari stessi;

– Produzione di certificazione anagrafica;

– Atto di segnalazione.

L’indicato protocollo necessiterà delle dovute integrazioni rispetto al nuovo dato normativo, vista la previsione di una mitigazione degli effetti dell’interdizione o dell’inabilitazione, per aver la legge introdotto la possibilità che la sentenza preveda il mantenimento di capacità residuali del destinatario della stessa e così anche in ragione della richiesta di apertura di un’amministrazione di sostegno.

La Piccola Casa, nella strutturazione del ricorso, pur se non richiesto dalla legge, quale incombente del ricorrente, nell’ottica di confortare l’operato del giudice, porrà adeguata attenzione alla completezza del quadro clinico e personale del soggetto che dovrà essere interessato dal provvedimento richiesto, senza trascurare di fornire una panoramica, la più precisa possibile, delle capacità del soggetto e, in ragione delle stesse, degli atti che il soggetto può compiere autonomamente, con l’ausilio dell’amministratore o per mezzo dello stesso, quale rappresentante.

Rispetto dunque al passato, la nuova normativa suggerisce che la mera certificazione medica sulle capacità del soggetto, così come normalmente veniva proposta dalle anamnesi psichiatriche non appare più sufficiente. Dire che un soggetto è affetto da vasculopatia grave, che è schizofrenico ecc…che non è più orientato nel tempo e nello spazio…. sono dati sì rilevanti della certificazione che però, necessitano oggi  di ulteriore precisazione rispetto alla esatta individuazione del grado di possibilità del soggetto beneficiario di provvedere ai propri interessi.

E’ orientamento del Tribunale di Torino, che qualora il soggetto sia totalmente impossibilitato a provvedere ai propri interessi e l’impossibilità non sia solo dettata da una menomazione  fisica ma da una totale menomazione psichica o da una infermità mentale abituale, questi sia da interdire osservando, però, che non necessariamente la menomazione psichica totale o la infermità mentale abituale che rende il soggetto impedito nel curarsi dei propri interessi deve essere accompagnato da una menomazione fisica.

A seguito degli incontri tenutisi presso l’ufficio del Giudice Tutelare Torinese si è giunti alla determinazione che laddove sia necessario adottare provvedimenti d’urgenza sia in ordine alla cura  che in ordine alla gestione del patrimonio il ricorso vada inoltrato al giudice tutelare stesso, pur se il soggetto sia da interdire. Il Giudice tutelare nomina un amministratore di sostegno ed autorizza il compimento dell’atto urgente, procede nell’istruttoria di sua competenza e segnala alla Procura della Repubblica per l’avvio del procedimento di interdizione.

Arrivando alla questione di interesse per il personale medico dell’Ospedale, diversi sono gli aspetti da prendere in esame, rispetto al ricovero di assistiti della Casa di Assistenza non dettato da uno “stato di necessità”, in senso stretto, e precisamente:

  1. rielaborazione del concetto di “stato di necessità” con rilettura dell’art.54 c.p.
  2. rivisitazione della normativa espressa dal codice deontologico.
  3. disamina delle norme di interesse per gli interventi sanitari in materia di protezione dei dati personali (privacy).
  4. responsabilità della Direzione Generale Ospedale Cottolengo in tema di obbligo di segnalazione e/o ricorso all’autorità Giudiziaria per l’avvio del procedimento di interdizione e amministrazione di sostegno.

 

Obiettivo del presente elaborato è di individuare un percorso normativo logicamente strutturato diretto a configurare linee di comportamento della struttura sanitaria nel caso di ricovero di ospite, delle Case di Assistenza della Piccola Casa, privo della capacità di prestare il proprio consenso sia rispetto al trattamento sanitario sia rispetto al trattamento dei dati personali (sensibili).

Tale elaborazione muove da un contrastato primo orientamento in forza del quale si pensò di sostenere l’ammissibilità di provvedimenti d’urgenza, disposti dall’autorità giudiziaria, relativi  alla cura della persona nel caso in cui questa non fosse ancora interdetta e non versasse in uno stato di necessità tale da giustificare l’intervento del medico investito dell’incombenza.

Da una attenta lettura di un percorso del genere si configurerebbe la probabile evenienza che il provvedimento di urgenza sarebbe potuto sopraggiungere circa 8-10 giorni successivamente all’inoltro, . . . dati i tempi tecnici di elaborazione del ricorso con unite le certificazioni mediche emesse con le caratteristiche che si andranno ad identificare, nonché i tempi dell’autorità giudiziaria investita.

Tale periodo potrebbe rivelarsi eccessivo rispetto al bisogno di intervenire anche diagnosticamene con una certa tempestività per rendere efficace la cura conseguente e ciò anche in ragione dell’attenzione ai bisogni della persona nel rispetto del carisma cottolenghino. Rispetto alla soluzione indicata, non si può trascurare il fatto che nelle more tra la proposizione del ricorso e l’adozione del provvedimento d’urgenza il soggetto destinatario e beneficiario del provvedimento stesso potrebbe subire un deterioramento grave tale da compromettere irreversibilmente il proprio stato di salute o tale da indurlo al decesso. L’eventualità indicata genererebbe il presupposto di un’azione di responsabilità contro il medico che potrebbe vedersi accusato di non essere intervenuto con la dovuta diligenza e tempestività.

Si ritiene dunque opportuno individuare un possibile percorso normativo che possa giustificare l’intervento del medico, legittimandolo nell’attivare tutti quei percorsi diagnostici e terapeutici immediati perché facoltizzato dalle condizioni generali dell’ospite privo della capacità di manifestare una qualsiasi forma di consenso.

Muovendo le prime considerazioni in tema di intervento in stato di necessità è doveroso richiamare il dettato dell’art. 54 c.p. che si esprime: ”Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo . . . “.

L’esimente penale espressa dall’art. 54 testè riportato trova applicazione e giustificazione quando il fatto delittuoso, o generalmente la responsabilità, abbia il carattere dell’attualità. Il requisito indicato presuppone che il pericolo sia presente quando il soggetto agisce e che sia imminente il danno. L’attualità del pericolo non va intesa però, in senso assoluto e cioè di assoluta immediatezza tra il pericolo e l’azione altrimenti delittuosa, ma va letta così da intendere la situazione quale premonitrice di una ragionevole minaccia di una causa imminente e altamente probabile del danno.

Sotto il profilo sanitario lo stato di necessità è caratterizzato dalla indilazionabilità dell’intervento che si pone a tutela di valori fondamentali per il nostro ordinamento quali il diritto alla vita e all’integrità fisica e che si connota, ulteriormente anche quale diritto alla salute.

Quanto espresso trova conferma nel nostro dettato costituzionale e precisamente all’art. 32 che recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività . . .”

Principio espresso anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza 7 dicembre 2000).

La norma penale deve però essere letta anche con riferimento all’obbligo di attivarsi. Si potrebbe osservare che la norma prevede semplicemente una esimente, una causa di giustificazione che facoltizza il medico e non lo obbliga ad agire.

La facoltà prevista dal codice penale non può però, trascurare l’esistenza per il medico di una serie di obblighi di garanzia nei confronti del paziente. Tali obblighi discendono dalla sua posizione e dal suo ruolo. Non si può trascurare poi che il codice deontologico connota di doverosità l’intervento del medico, imponendo l’esercizio della sua funzione e non limitandosi ad una mera facoltizzazione del suo intervento.

Leggi anche: Elementi caratterizzanti il consenso informato 

Rilettura del codice deontologico medico

Al fine di meglio individuare una linea adeguata in tema di operatività del medico in casi che non si connotano per lo STATO DI NECESSITA’, si impone una lettura di quelle norme, del vigente codice deontologico medico, che possono configurarsi nell’ipotesi di ricovero di un ospite, delle case di assistenza della “Piccola Casa Della Divina Provvidenza – Cottolengo”, privo in modo assoluto della capacità di esprimere alcun consenso in ordine al trattamento sanitario anche di natura diagnostica e non solo terapeutico.

Gli articoli da prendere in esame sono i seguenti:

  • art. 3 . DOVERI DEL MEDICO. “ Dovere del medico  è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità umana…………….”;
  • art. 7. OBBLIGO DI INTERVENTO. “Il medico, indipendentemente dalla sua abituale attività, non può mai rifiutarsi di prestare soccorso o cure d’urgenza e deve tempestivamente attivarsi per assicurare ogni specifica e adeguata assistenza.”;
  • art. 12 . PRESCRIZIONE E TRATTAMNETO TERAPEUTICO. “ La prescrizione di un accertamento diagnostico e/o di una terapia  impegna la responsabilità professionale ed etica del medico e non può che far seguito ad una diagnosi circostanziata o, quanto meno, a un fondato sospetto diagnostico. Su tale presupposto al medico è riconosciuta autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico, anche in regime di ricovero, fatta la salva la libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso. …………”;
  • art. 15 . TRATTAMENTI CHE INCIDONO SULLA INTEGRITA’                       PSICO – FISICA. “I trattamenti che comportino una diminuzione della integrità e della resistenza psico–fisica de malato possono essere attuati, previo accertamento delle necessità terapeutiche, e solo al fine di procurare un concreto beneficio clinico al malato o di alleviarne le sofferenze.”;
  • art. 20 . CONTINUITA’ DELLE CURE. “Il medico deve garantire al cittadino la continuità delle cure. ………”;
  • art. 29 . ASSISTENZA. “ ……… Il medico deve adoperarsi, in qualsiasi circostanza, perché il minore possa fruire di quanto necessario a un armonico sviluppo psico-fisico e affinché allo stesso, all’anziano e  al disabile siano garantite qualità e dignità di vita, ponendo particolare attenzione alla tutela dei diritti degli assistiti non autosufficienti sul piano psichico e sociale, qualora vi sia incapacità manifesta di intendere e volere, ancorché non legalmente dichiarata. Il medico, in caso di opposizione dei legali rappresentanti alla necessaria cura dei minori e degli incapaci, deve ricorrere alla competente autorità giudiziaria.”;
  • Tutto il capo IV  in tema di INFORMAZIONE E CONSENSO,  ed in particolare l’art. 35 ASSISTENZA D’URGENZA. “Allorché sussistano condizioni di urgenza e in caso di pericolo di vita di una persona, che non possa esprimere , al momento, volontà contraria, il medico deve prestare l’assistenza e le cure indispensabili.”.

La rilettura delle norme deontologiche richiamate impone, dunque, al medico di intervenire rispetto ai bisogni del soggetto disabile e colpito da una grave menomazione che lo rende incapace in modo assoluto di esprimere alcunché in ordine al trattamento sanitario, sia esso diagnostico o terapeutico, tutte le volte in cui si verifichi una urgenza che non necessariamente si concreti in un pericolo di vita per il beneficiario-ospite ricoverato nella struttura ospedaliera.

L’urgenza può ulteriormente connotarsi di quella sensibilità che la “Piccola Casa della Divina Provvidenza-Cottolengo” ha per carisma verso i suoi ospiti che vedono totalmente compromesse le loro facoltà cognitive ed ai quali intende garantire tutti i supporti sanitari indispensabili per la loro cura, con la principale finalità di migliorarne le condizioni di vita o comunque di non vederle fortemente compromesse o pregiudicate da comportamenti non tempestivi ed adeguati.

La doverosità dell’intervento medico non dovrà, comunque, prescindere dal rispetto della persona e della sua dignità che non devono subire pregiudizio alcuno per il solo fatto che l’ospite ricoverato  non è in grado di comprendere l’informazione né quindi di esprimere un consenso o un rifiuto relativamente al trattamento che si attua per la ravvisata urgenza. Quindi anche nella scelta del presidio terapeutico e diagnostico il medico dovrà osservare la gradualità degli stessi nonché la loro proporzionalità rispetto al beneficio configurabile in via preventiva.

 

Diritti della persona e trattamento dei dati personali. Ricovero ospedaliero e dati sensibili

In data 1° gennaio 2004 è entrato in vigore il “Codice sulla protezione dei dati personali”.

Nell’ambito della disciplina diretta dalla tutela dei dati sensibili, in particolare, per quanto riguarda la problematica trattata in via preliminare con la presente elaborazione, è possibile individuare una serie di norme che giustificano ed ammettono l’informativa ed il consenso al trattamento dei dati personali anche in presenza di soggetti totalmente incapaci non ancora interdetti, nel caso di loro ricovero in struttura ospedaliera pubblica o convenzionata.

L’art. 82 del vigente codice sulla protezione dei dati al comma 2 ed al comma 3 indica “…L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono, altresì, intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione in caso di:

  1. impossibilità fisica, incapacità di agire o incapacità di intendere o di volere dell’interessato, quando non è possibile acquisire da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da  un familiare, da un convivente o in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato;
  2. rischio grave, imminente ed irreparabile per la salute o l’incolumità fisica dell’interessato.
  1. L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione, anche in caso di prestazione medica che può essere pregiudicata dall’acquisizione preventiva del consenso, in termini di tempestività  o efficacia. ………………”.

Si tenga presente che la legge n° 104/92  definendo all’art. 3 le persone affette da handicap si esprime: “………qualora la minorazione singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età in modo da rendere necessario un intervento assistenziale, permanente continuativo e globale nella sfera individuale o di relazione, la situazione assuma connotazione di gravità………”. Tale definizione struttura ulteriormente il concetto di gravità o di rischio grave per la persona che viene ricoverata in ospedale, proprio perché il disagio, il peggioramento dello stato di salute sopraggiunto, si innestano in una situazione già definita grave dalla legge.

Ancora di riferimento è l’art. 24 dello stesso codice, punto e) che recita: “Il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella parte II, quando il trattamento: e) è necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l’interessato e quest’ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato…………………”.

Gli articoli richiamati e riportati per le parti di interesse della Direzione Generale Ospedale Cottolengo, ritengo offrano una traccia precisa, che alla luce di quanto sopra esposto nonché del principio di solidarietà sociale espresso dalla nostra Costituzione all’art. 2, può essere seguita per l’ipotesi di ricovero di un ospite della Piccola Casa, incapace di intendere e di volere.

Sarà dunque necessario, nell’eventualità che si verifichi l’ipotesi prospettata, che il/la Responsabile del Padiglione o Famiglia, si ponga in contatto con un prossimo congiunto o un familiare dell’ospite, al fine di verificare la disponibilità degli stessi a concedere il consenso al trattamento dei dati allorquando il Primario chiederà espressamente lo stesso.

Qualora questi soggetti non vi siano, non siano raggiungibili o dimostrino evidente disinteresse rispetto ai bisogni sopraggiunti dell’ospite, il consenso al trattamento dei dati verrà prestato dal/dalla Responsabile del Padiglione o Famiglia (o chi legittimato formalmente, in caso di impedimento dello stesso) della struttura presso cui dimora l’interessato.

L’organizzazione interna della Piccola Casa della Divina Provvidenza – Cottolengo può consentire la prospettata soluzione in relazione al dettato normativo richiamato.

In via assolutamente residuale, il direttore pro-tempore della casa di assistenza potrà sottoscrivere il consenso al trattamento dei dati e ricevere le dovute informazioni.

Tale consenso potrà essere preventivo o, qualora l’urgenza imponga l’intervento tempestivo e doveroso del medico, anche successivo.

 

In via procedimentale i passaggi da seguire saranno i seguenti:

1) ricovero dell’ospite presso il reparto ospedaliero di competenza;

2) presa in carico del medico del reparto con verifica delle condizioni generali dell’ospite. Il medico verificato che non sussiste uno stato di necessità che giustificherebbe e legittimerebbe il proprio improrogabile intervento, constata comunque l’urgenza di provvedere ai dovuti accertamenti clinici.

Se, come probabile, il soggetto destinatario dell’accertamento  o dell’intervento non è in grado di esprime alcuna volontà al riguardo, si dovrà procedere al consulto congiunto con il geriatra e/o neurologo, e nei casi limite anche con lo psichiatra. Gli specialisti produrranno brevi relazioni o un’unica relazione a firme congiunte, da cui dovrà emergere incontestabilmente la impossibilità dell’ospite ricoverato di esprimere consenso al riguardo, pur se sia stato esperito il tentativo di informarlo compiutamente.

3) il familiare o il prossimo congiunto o in via residuale il/la Responsabile del Padiglione o Famiglia della casa di assistenza, firmeranno il consenso al trattamento dei dati ed eventualmente, in via prudenziale, anche al trattamento clinico o al presidio scelto dal medico e per quanto possibile preventivamente. La possibilità è data dal grado di urgenza dell’intervento clinico da instaurarsi.

Quanto sopra, ritengo debba risultare, da apposita documentazione scritta dal personale medico e, per quanto attinente la cartella clinica, dovrà dimostrare in modo assolutamente incontestabile e chiaro il tentativo esperito dal medico che ha visitato l’ospite di ottenere il consenso dallo stesso, confermando la circostanza per lo stesso dell’impossibilità di concepirlo ed esprimerlo.

La ricerca del consenso è da intendersi non solo quale atto dovuto e ciò in quanto l’informazione va considerata quale parte integrante e sostanziale di un progetto terapeutico ed assistenziale. E’ passaggio obbligato non solo in senso formale ma, anche in senso sostanziale.

A tal riguardo è opportuno precisare che il tentativo di ottenere il consenso va esperito anche nei confronti del soggetto interdetto, trattandosi di una decisione fondamentale perché attinente alla vita ed alla salute della persona, senza per questo escludere la funzione del tutore e delle persone più vicine all’ospite-paziente.

 

Doverosità della segnalazione o del ricorso  all’autorità giudiziaria da parte del responsabile sanitario

In ordine alla doverosità della segnalazione o ricorso alla autorità da parte del responsabile sanitario, così come previsto dall’art. 406 c.c. civile novellato, rimando a precedente elaborato, essendo sufficiente indicare, per il personale medico, che assunto quanto sopra, sarà necessario che la relazione dei medici che intervengono congiuntamente al fine di fornire i dati essenziali alla Direzione Generale Ospedale Cottolengo dovrà far emergere se il soggetto beneficiario residua di alcune autonomie da segnalarsi al giudice. Le indicate autonomie dovranno essere adeguatamente evidenziate affinché siano previste nel provvedimento che l’autorità giudiziaria vorrà adottare a conclusione del procedimento ordinario. La relazione medica, comunque, dovrà pronunciarsi anche sull’inesistenza di autonomie valutative e di azione del soggetto beneficiario.

La relazione dovrà essere trasmessa al responsabile sanitario dell’ospedale il quale, verificati i presupposti che determinano la doverosità del ricorso, inoltra la completa documentazione alla Direzione della case di assistenza che provvederà con l’ausilio dell’ufficio tutele della Piccola Casa, alla stesura del ricorso.

Si osserva che affinché scatti il meccanismo della doverosità del ricorso o della segnalazione, per espressa disposizione della norma, è necessaria la sussistenza ”di fatti tali” da giustificarla.

In relazione agli ospiti della Piccola Casa della Divina Provvidenza, essendo programmato l’avvio del procedimento d’interdizione dei medesimi e vivendo questi in un regime di protezione, per scelta carismatica della struttura, il ricorso non sarà atto doveroso e conseguente al ricovero da parte della Direzione Generale Ospedale Cottolengo, salvo casi specifici che si potranno valutare al loro verificarsi.

La Direzione Generale Ospedale Cottolengo potrà limitarsi pertanto a fornire all’ufficio tutele della Piccola Casa la indicata documentazione medica per l’inoltro della segnalazione o del ricorso che verrà sottoscritto dai soggetti per legge legittimati.

Il ricorso o la segnalazione dovranno essere sottoscritti dalla Direzione delle case di assistenza e dal Responsabile sanitario ed inoltrato all’autorità giudiziaria competente.

Appare opportuno indicare che la cartella clinica relativa al paziente ricoverato dovrà essere il più esaustiva possibile rispetto ai tempi, agli elementi oggettivi, soggettivi, nosologici, terapeutici e diagnostici.

 

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