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Il legislatore con la legge 9 gennaio 2004, n.6 ha previsto, in materia di amministrazione di sostegno, la competenza esclusiva del Giudice Tutelare.

Questo magistrato è il solo competente ad esaminare il ricorso, ad istruire il procedimento, ad emettere l’eventuale provvedimento di accoglimento o rigetto del ricorso, ed a gestire le successive fasi connesse alla pendenza del procedimento di amministrazione.

Tale scelta è del tutto particolare. Infatti, nell’inabilitazione e nell’interdizione non è un singolo giudice a pronunciarsi in merito al provvedimento da adottare, ma questo viene emesso dal Tribunale in composizione Collegiale, cioè da tre giudici riuniti in un Collegio. Inoltre, nell’interdizione e nell’inabilitazione il Giudice, o meglio il Collegio, pronunciata la sentenza, non si occupa più della fase successiva di gestione del fascicolo di tutela (procedimento conseguente all’interdizione) o di quello di curatela (procedimento conseguente all’inabilitazione).

L’amministrazione di sostegno ha una struttura completamente diversa. Il legislatore ha assegnato ad un solo magistrato, il Giudice Tutelare, il compito di occuparsi di ogni fase del procedimento, sia quella relativa alla decisione sull’apertura, o meno, di un procedimento di amministrazione, sia quella relativa alla gestione dell’eventuale procedimento di amministrazione.

Il Giudice Tutelare è stato individuato, dal legislatore, come il magistrato che dovrà indicare, nel provvedimento, di eventuale accoglimento, gli atti demandati all’amministratore e quelli lasciati all’attività congiunta di amministratore e beneficiario, stabilendo indirettamente in via residuale gli atti lasciati nella disponibilità del beneficiario stesso.

Il Giudice Tutelare dovrà, tra l’altro, prescrivere con quale periodicità l’amministratore sia tenuto al deposito di un rendiconto di gestione, dovrà autorizzare l’amministratore al compimento di specifici atti, dovrà valutare l’operato dell’amministratore, dovrà mediare eventuali conflitti insorti tra il beneficiario e l’amministratore stesso.

L’Ufficio del Giudice Tutelare è stato scelto, con tutta probabilità, per la modalità operativa che dovrebbe caratterizzarlo: la ridotta formalità e la relativa celerità nell’assunzione dei provvedimenti.

Leggi anche: Che cos’è l’amministrazione di sostegno?

Conseguenze della competenza del giudice tutelare nell’amministrazione di sostegno

L’Ufficio del Giudice Tutelare è particolarmente presente sul territorio. Il Giudice Tutelare, infatti, è presente non solo nelle sedi principali di Tribunale, ma anche nelle Sezioni Distaccate.

Si tratta di un giudice monocratico (cioè di un magistrato che decide da solo, come singolo, e non in composizione collegiale, con altri due magistrati) presente in tutte le sedi già appartenenti alla Pretura e non soppresse nel tempo.

Il legislatore ha, quindi, scelto un ufficio caratterizzato da una certa agilità nelle decisioni, e già competente per la gestione dei procedimenti di tutela e curatela.

Una delle conseguenze più importanti, connessa alla scelta del legislatore di attribuire la competenza, per l’amministrazione di sostegno, al Giudice Tutelare, è che l’utente, sia esso un privato o un operatore dei servizi sociali o sanitari, dovrà sempre fare riferimento allo specifico Ufficio del Giudice Tutelare presente sul territorio.

L’applicazione delle diverse previsioni contenute nella legge dovrebbe essere piuttosto uniforme nei diversi Uffici del Giudice Tutelare, ma è ben possibile che i singoli magistrati, stante la particolare elasticità della norma, procedano di fatto in modo non sempre eguale.

Conclusa questa fondamentale premessa, che ci aiuta a capire ancora meglio le scelte fatte dal legislatore e come orientarci di fronte all’amministrazione di sostegno, è possibile proseguire ponendoci alcune domande utili ad approfondire la conoscenza del nuovo istituto giuridico.

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