fbpx

Leggi ancheCome opera l’amministrazione di sostegno e quali eventi possono accadere nella vita della stessa? 

L’amministratore di sostegno ha diritto ad un compenso? È possibile designare un amministratore di sostegno?

La legge istitutiva dell’amministrazione di sostegno, ispirata dal valore cardine della “centralità della persona”, anche in tema di scelta della figura dell’amministratore di sostegno, non trascura tale dato posto a fondamento, ed infatti prescrive (art. 408 cod. civ.) che la scelta medesima deve avvenire “CON ESCLUSIVO RIGUARDO ALLA CURA ED AGLI INTERESSI DELLA PERSONA DEL BENEFICIARIO”. 

Il Giudice, tenuto presente quanto evidenziato e qualora il beneficiario abbia provveduto a designare l’amministratore di sostegno nelle forme consentite, nomina l’amministratore indicato dal beneficiario stesso. Tale designazione non è però vincolante per il Giudice, che per gravi motivi, e sempre nell’interesse esclusivo della persona può nominare altro soggetto, con decreto motivato.

Ove possibile, nella scelta, preferisce:

  1. il coniuge;
  2. il padre;
  3. la madre;
  4. il figlio;
  5. il fratello;
  6. la sorella;
  7. un parente entro il quarto grado;
  8. il soggetto designato dal genitore superstite del beneficiario, con testamento (olografo, pubblico,  segreto – vedi appendice e glossario -) o con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

L’art. 408 ancora prevede che il Giudice Tutelare “quando ne ravvisa l’opportunità” o “quando ricorrono gravi motivi”, nel caso non si attenga alla designazione fatta dall’interessato, possa nominare all’ufficio di amministratore di sostegno:

Altra persona idonea

  1. In tale previsione possono essere ricompresi anche soggetti estranei al beneficiario che per caratteristica, professionalità, e predisposizione possono garantire una adeguata protezione ed un puntuale sostegno del soggetto fragile che vede ridotte le proprie autonomie. E’ possibile configurare che presso ogni ufficio del Giudice Tutelare si costituisca un elenco di professionisti e non (avvocati, notai,commercialisti, geometri, psicologi, educatori, volontari ….) disponibili ad assumere il ruolo di amministratori di sostegno, tutori e curatori.

Uno dei soggetti di cui al titolo II

Del codice civile e pertanto: Province, Comuni, persone giuridiche (soggetti pubblici ed enti riconosciuti), società, associazioni e fondazioni. L’ente nominato potrà operare a mezzo del legale rappresentante o di persona da questi delegata; detta delega dovrà essere depositata presso l’ufficio del Giudice Tutelare – affinché ne sia noto il contenuto e conseguentemente trasparente l’operato – .

Nell’ambito dei soggetti di cui al Titolo II vanno ricompresi i consorzi socio-assistenziali  ed anche le ASL, collocati sul territorio.

L’esclusione degli operatori dei servizi pubblici che hanno in cura o in carico il beneficiario, non può determinare l’esclusione dell’Ente dalla possibilità di vedersi chiamato ad assumere l’ufficio.

Si consideri che spesso Consorzi, ASL, Comuni, enti privati riconosciuti e non, strutturano al loro interno uffici il cui compito è quello di gestire la funzione di tutore, curatore, ed ora di amministratore di sostegno e gli addetti a tali uffici non sono operatori che già si occupano del possibile beneficiario. Si pensi al consorzio socio assistenziale: potrà essere nominato amministratore di sostegno il Presidente del consorzio e non l’assistente sociale che  opera a contatto con il beneficiario. Il Presidente potrà a sua volta delegare soggetto facente parte dell’Ente medesimo che non sia l’operatore che opera già ordinariamente con il possibile beneficiario.

Una diversa lettura del termine “operatori” così da estendere la preclusione anche all’Ente, genererebbe il forte disagio di non annoverare fra i soggetti pubblici chi opera già quale tutore, curatore, ed ora amministratore di sostegno, privando il Giudice di figure istituzionali che, per finalità proprie, sono dedite ai soggetti fragili e disagiati. Si pensi all’effetto che potrebbe avere sul territorio l’esclusione dei Comuni, dei Consorzi e delle ASL dai soggetti che possono essere nominati Amministratori di sostegno. Non pare configurabile che tale effetto sia stato voluto dal legislatore, né di tale lettura si trova traccia nei lavori preparatori.

Da non trascurare poi che i singoli enti devono operare in piena trasparenza rispetto alle finalità pubbliche o di interesse per la collettività, che li contraddistinguono e che si pongono quale dato oggettivo e costante rispetto ai singoli beneficiari del Servizio.

La norma sana di diritto il conflitto di interessi, data la valenza pubblicistica dei servizi socio-assistenziali e socio sanitari. Qualora però si verificasse un concreto, diretto ed attuale conflitto di interessi, nel caso di un atto specifico, nulla impedirà al Giudice Tutelare di provvedere alla nomina di un curatore speciale, ipotesi configurabile nella previsione dell’art. 411 cod. civ. ultimo comma, in cui si consente al Giudice Tutelare di estendere gli effetti, le limitazioni  e le decadenze previste in tema di tutela e curatela anche all’amministrazione di sostegno.

Come sopra già anticipato, la norma introduce una particolare e singolare novità. Chiunque nel pieno possesso delle sue facoltà può, mediante scrittura privata autenticata o con atto pubblico, pertanto con il necessario ministero di un notaio,  “designare” persona che potrà rivestire l’ufficio di amministratore di sostegno, nel caso in cui sopravvenissero incapacità ed impossibilità, in futuro. Come indicato, tale designazione non è vincolante per il Giudice Tutelare che può, per gravi motivi, nominare soggetto diverso dal designato da parte dell’interessato.

L’art. 408 cod. civ. ricalcando la norma i materia di tutela (art. 348) prevede che il genitore superstite possa con testamento, sia esso olografo, pubblico o segreto, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, designare l’amministratore di sostegno per il proprio figlio.

Sempre in tema di nomina di amministratore di sostegno l’art. 411 estende l’applicabilità , tra gli altri, degli artt. 350, 351, et 352 codice civile che prevedono i casi di incapacità, di dispensa, anche su domanda, all’ufficio di tutore.

Breve cenno è opportuno farlo sull’estensione che l’art. 411 cod. civ. opera in tema di equo compenso a favore di chi svolge la funzione di amministrazione di sostegno.

Per effetto del 1° comma dell’art. 411 cod. civ. trova applicazione, all’amministrazione di sostegno, l’art. 379 cod. civ. che afferma la gratuità dell’ufficio. La norma però prosegue consentendo al Giudice Tutelare di “assegnare” al tutore e quindi anche all’amministratore di sostegno “un’equa indennità” allorquando la difficoltà dell’amministrazione e l’entità del patrimonio la giustifichino. Il tutore, dice la norma, potrebbe, previa autorizzazione, farsi coadiuvare da una o più persone stipendiate.

La norma svolge la sua efficacia anche per l’amministrazione di sostegno.

L’amministratore di sostegno può vedersi assegnata un’equa indennità dal Giudice in considerazione dell’entità patrimoniale del beneficiario e delle difficoltà nell’amministrazione.

E’ opportuno sottolineare che equo indennizzo non significa indennizzo minimo, ma giusto e cioè commisurato all’attività di chi viene investito dell’ufficio, pur in considerazione del patrimonio e delle difficoltà di gestione. L’equa indennità è dunque un’indennità giusta, aderente alla realtà. Il Giudice potrà pertanto assegnare detta indennità, oltre al rimborso delle spese sostenute, considerando l’impegno che l’ufficio ha generato, nonché il fatto che l’occupazione, ha distratto il tutore o l’amministratore dalla sua normale attività, anche professionale.

Sebbene l’art. 379 cod. civ. si riferisca alla sola entità e gestione patrimoniale non pare trascurabile il rilievo che, la mutata sensibilità verso la cura della persona, così come traspare dal nuovo dato normativo e da una diversa impostazione data dalla giurisprudenza, già nella gestione della tutela, imponga di valutare ai fini della “assegnazione di equo indennizzo” non solo le difficoltà di gestione del patrimonio, ma tutti quegli aspetti ed oneri riferiti alla cura della persona.

La norma non esclude alcuna categoria di soggetti che possono ottenere equo indennizzo, quindi “chiunque” (congiunti, conviventi, terzi professionisti e non, enti pubblici e privati) venga chiamato a svolgere gli uffici indicati può ottenerlo, sulla base di quanto indicato.

Il riferirsi a tariffe professionali, per individuare un criterio per determinare l’equo indennizzo, può apparire improprio, rilevato che non si tratta di attività esclusivamente professionali né a solo contenuto assimilabile ad una gestione amministrativa, dovendo il tutore  e l’amministratore di sostegno occuparsi con diligenza ed attenzione della cura della persona del beneficiario del provvedimento posto a sua tutela. Pertanto l’aspetto gestionale-amministrativo è uno solo degli elementi da prendere in considerazione per “assegnare” un equo indennizzo.

Si è obbligati ad accettare la nomina di amministratore di sostegno?

Si, fatta salva la possibilità di ottenere dispensa, laddove si verifichino le ipotesi di cui all’art. 352 cod.civ., richiamato dall’art. 411 cod.civ.. L’obbligo non sussiste per le ipotesi previste dagli artt. 350 e 351 cod. civ. e così per l’amministratore di sostegno che non sia coniuge, persona stabilmente convivente, ascendente o discendente, decorso il decennio.

 

Potrebbe interessarti: In casi di urgenza a chi ci si rivolge per ottenere un provvedimento a favore del soggetto beneficiario? 

Recommend
  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIN
  • Pinterest
Share
Leave a reply